Lo statuto di una società rappresenta il documento mediante il quale vengono disciplinate le regole di convivenza tra i soci.
L’importanza dello strumento statutario è cruciale in tutti i tipi di società, di qualsiasi dimensione e struttura.
Esso acquisisce un’importanza ancor più accentuata in presenza di alcuni fattori, quali, principalmente:
- la presenza, all’interno della compagine sociale, di un numero elevato di soci;
- il disallineamento tra i vari soci, sia in termini di competenze e formazione, sia in termini di interessi perseguiti.
Questi due elementi sono entrambi presenti nella maggior parte delle start-up italiane, specie nelle fasi di avvio (seed e start-up) e di crescita (growth), in cui la società tende all’espansione del proprio business tramite il reperimento di capitale di rischio presso terzi.
Sotto il primo profilo, è ormai noto che, a seguito delle novità introdotte dal D.L. 179/2012, la start-up, ancorché tipicamente costituita in forma di S.r.l., rappresenti, nella maggior parte dei casi, una società aperta, orientata alla raccolta di capitale di rischio tra una moltitudine di soggetti, anche tramite lo strumento dell’equity crowdfunding.
Sotto il secondo profilo, è comune a tutti i soci l’interesse alla massimizzazione del valore della partecipazione, essendo lo scopo di lucro uno dei requisiti necessari di tutte le società capitalistiche. Tuttavia, il carattere delle start-up anzidetto comporta l’esistenza di due categorie di soci, caratterizzate da competenze ed exit strategy parzialmente diverse: da un lato, i soci fondatori, ossia i soggetti che hanno dato il via all’attività imprenditoriale e che, generalmente, possiedono il know how funzionale al perseguimento dell’oggetto sociale; dall’altro, i soci finanziatori, i quali, generalmente, non possiedono competenze tecniche nell’area di attività dell’impresa. I soci finanziatori, a seconda del commitment in concreto assunto, possono, poi, connotarsi per una affectio societatis più o meno marcata: sicché, coloro che hanno investito somme ingenti, tenderanno a pretendere diritti di voice più incisivi, laddove coloro che hanno investito somme di esigua entità rivestiranno un ruolo molto simile a quello degli azionisti di risparmio delle società quotate, di regola senza diritto di voto in sede di assemblea ordinaria.
Da quanto precede derivano conseguenze pratiche estremamente rilevanti.
I soci finanziatori effettuano investimenti, assumendo il rischio d’impresa, sulla base della fiducia che essi ripongono nei confronti dei soci fondatori. I soci finanziatori sono, quindi, disposti a rimanere in gioco in tanto in quanto continuino a nutrire la fiducia risposta nei soci fondatori e finché questi ultimi abbiano le redini della società. Viceversa, è pressoché sempre indifferente per i soci fondatori la figura del socio finanziatore: ovviamente, vi sono alcuni tra i soci finanziatori che possono costituire un valore aggiunto per la società, ma, in linea di massima, ciò che conta è l’ammontare del conferimento. Si è, quindi, in presenza di un intuitus personae a senso unico, tale da legare i soci finanziatori ai soci fondatori, ma non viceversa.
Oltre a ciò, deve considerarsi che i soci fondatori sono titolari (mediamente fino al terzo round di aumento di capitale) di quote rappresentative della maggioranza del capitale sociale e possono, quindi, liquidare più agevolmente la propria partecipazione, indipendentemente dall’exit, o meno, della restante parte della compagine sociale. Al contrario, i soci finanziatori sono titolari di quote che, singolarmente considerate, rappresentano, di regola, frazioni esigue di capitale sociale; la liquidabilità delle stesse è, quindi, strettamente connessa alla presenza di specifici rimedi statutari, volti a garantire un trasferimento “in blocco” delle partecipazioni.
Tali circostanze di fatto possono creare fratture all’interno della compagine sociale, con pregiudizio per la stabilità della stessa e con riflessi anche sulla flessibilità e speditezza decisionale e, quindi, sulla propria crescita.
Esistono, tuttavia, diversi metodi per rimuovere o, quantomeno, limitare il più possibile i predetti disallineamenti. Tali metodi consistono nella previsione di specifiche clausole negoziali, contenute nello statuto e/o nei patti parasociali. La principale differenza tra le clausole contenute nello statuto e quelle contenute nei patti parasociali attiene all’efficacia che le stesse possono dispiegare nelle situazioni patologiche: l’eventuale violazione di clausole statutarie comporta, infatti, l’invalidità (o, quanto meno, un affievolimento) dei diritti eventualmente acquisiti dai terzi; al contrario, l’eventuale violazione di clausole contenute in un patto parasociale comporta la mera responsabilità risarcitoria del socio inadempiente, fatti salvi – di regola – i diritti acquisiti dai terzi.
Tali clausole possono avere un contenuto variegato, attagliato alle esigenze e alle peculiarità del caso concreto, e, generalmente, mirano al perseguimento dei seguenti obiettivi.
- Assicurare ai soci finanziatori che i soci fondatori mantengano il controllo di fatto della società fino all’exit A questo proposito, possono essere strutturate:
- clausole che prevedano un diritto particolare dei soci fondatori ad amministrare la società. Nelle prime fasi, ciò può tradursi (nelle start-up costituite in forma di S.r.l.) in un sistema di amministrazione disgiuntiva spettante a ciascun socio fondatore (con eventuali meccanismi di limitazione per le scelte strategiche e/o straordinarie). Quando la società è più strutturata, può, invece, essere utile costituire un consiglio di amministrazione, tra i cui componenti vi siano i soci fondatori, ai quali vengano demandate specifiche deleghe gestorie;
- clausole che prevedano l’assunzione, da parte dei soci fondatori, dell’impegno vincolante di amministrare la società, disincentivando le dimissioni da parte degli stessi tramite apposite fattispecie negoziali di bad leaver;
- clausole di prelazione in favore dei soci finanziatori, in caso di trasferimento delle quote dei soci fondatori (c.d. restricted stock);
- clausole di gradimento attivabili dai soci finanziatori in caso di trasferimento delle restricted stock.
- Assicurare ai soci finanziatori specifiche modalità di exit. A questo proposito, la clausola più comunemente adottata è quella di co-vendita (c.d. tag along), la quale consente ai soci di minoranza (come detto, tipicamente i soci finanziatori) di trasferire le proprie partecipazioni qualora le restricted stock (o, comunque, le quote rappresentanti la maggioranza del capitale sociale) vogliano essere trasferite ad un terzo.
- Adottare criteri di exit “di massa”, funzionali a rendere la società appealing nei confronti di investitori industriali che vogliano procedere ad un’acquisizione totalitaria. A questo proposito, la clausola più comunemente adottata è quella di trascinamento (c.d. drag along), la quale consente ai soci fondatori che abbiano ricevuto un’offerta di acquisto di una partecipazione eccedente quella da loro direttamente detenuta di trascinare nella vendita i soci di minoranza, con determinazione di regole di tutela a garanzia del prezzo.
- Adottare meccanismi di incentivazione della sottoscrizione di quote di minoranza da parte di soggetti terzi. A questo proposito, vengono in rilievo i meccanismi di c.d. liquidation preference, i quali si sostanziano in diritti, in capo ai soci di minoranza, di (a) partecipazione più che proporzionale agli utili della società; (b) percezione in misura più che proporzionale delle riserve distribuite; (c) percezione più che proporzionale dell’attivo nell’ipotesi di liquidazione della società.
Alla luce di quanto precede, è possibile cogliere che la redazione di uno statuto accurato e attento, fin dalle prime fasi della vita della società, rappresenti un passo essenziale, al fine di equilibrare ed allineare gli interessi della compagine sociale – evitando contrasti potenzialmente generatori di criticità nella fase di sviluppo – e, al tempo stesso, di rendere la start-up maggiormente appealing presso gli investitori, creando, in ultima anlisi, le condizioni di crescita.