La recente riforma, ancora in fase di definitiva attuazione, del Terzo Settore ha radicalmente e profondamente innovato l’ambito del non profit. Grazie alle numerose misure agevolative previste, si è aperto un ampio spettro di nuove opportunità di crescita per i vari enti non profit che vorranno coglierle

Nell’estate del 2017 veniva emanato dal legislatore italiano il cd. Codice del Terzo Settore, un decreto legislativo che aveva il fine di largamente riformare la disciplina del non profit. Infatti, non solo ha modificato profondamente tanto la disciplina civilistica, quanto quella fiscale di gran parte degli enti non lucrativi, ma ha anche dato organicità ad una materia precedentemente frammentata in vari leggi e decreti.

Veniva così creata la qualifica di Ente del Terzo Settore che, per gli enti che vorranno o dovranno assumerla (per esempio per le Onlus è obbligatorio convertirsi in ETS), oltre che prevedere una serie di adempimenti, che non saranno analizzati in questa sede, apre una vasta gamma di nuove agevolazioni e opportunità di notevole respiro. Sempre in attuazione della medesima legge delega che ha portato all’emanazione del Codice del Terzo Settore, un altro decreto legislativo ha profondamente rinnovato l’istituto dell’Impresa Sociale, che, seppur già introdotto dal 2006, era stato poco adottato nella prassi, per via dei numerosi vincoli e delle scarse agevolazioni previste. Tale situazione appare radicalmente modificata, basti sottolineare che gli utili eventualmente prodotti da un’Impresa sociale sono totalmente esclusi da imposizione, qualora destinati allo svolgimento dell’attività statutaria, ad incremento del patrimonio (oltre che a ripianamento delle perdite).

Per quanto riguarda, invece, più nello specifico, le opportunità offerte dalla riforma del Terzo Settore, che, tra l’altro, ha previsto una procedura semplificata per l’acquisto della personalità giuridica e un ampliamento dei settori di interesse generale in cui detti enti possono operare, l’adeguamento dello statuto e, di conseguenza, della governance dell’ente, molto frequentemente necessario per renderla conforme alla disciplina del Terzo Settore, può non essere semplicemente un mero adempimento formale, ma, se svolta in maniera oculata, può venire efficacemente sfruttata per migliorare e rendere più efficiente un sistema di governance interno, che, per le più svariate ragioni, potrebbe non risultare più tale.

Numerose sono, inoltre, le agevolazioni fiscali previste per i soggetti che assumano la qualifica di Enti del Terzo Settore. Innanzitutto è prevista la possibilità, per gli enti non commerciali, di optare per un regime forfettario, derogatorio del regime ordinario, per il calcolo del reddito di impresa, così come sono state introdotte varie agevolazioni in materia di imposte indirette, tra cui, a mero titolo esemplificativo, l’esenzione, per gli enti non commerciali, dall’IMU e dalla TASI per gli immobili destinati all’esercizio delle attività istituzionali, ovvero l’applicazione dell’imposta di registro in misura fissa per gli atti traslativi della proprietà di beni immobili a favore di Enti del Terzo Settore. Sono, altresì, previste delle agevolazioni per i soggetti che effettuino erogazioni liberali nei confronti di Enti del Terzo Settore. In particolare sono previste detrazioni, per le persone fisiche, o deduzioni, anche per le persone giuridiche, di una quota dell’erogazione e, al fine di incentivare l’investimento di capitali nel mondo non profit, sono state previste specifiche deduzioni e detrazioni anche a vantaggio dei soggetti che investano nel capitale di Imprese Sociali, sulla falsa riga di quelle previste per i finanziatori di start-up e PMI innovative.

Modificando la disciplina del 5 per mille, il legislatore ha, inoltre, stabilito che ne siano beneficiari tutti gli Enti del Terzo Settore, così ampliando notevolmente il novero dei soggetti che ne potranno trarre vantaggio, per esempio, includendo, dopo che abbiano assunto la qualifica di Enti del Terzo Settore, associazioni o fondazioni che precedentemente ne erano escluse.

In un’ottica, invece, di sempre maggiore collaborazione tra pubblico e privato sono state enucleate nuove forme di collaborazione tra Enti del Terzo Settore ed enti pubblici. In particolare è interessante evidenziare come sia ora possibile per Stato, Regioni, Province ed enti locali concedere in comodato beni mobili o immobili di loro proprietà a tutti gli Enti del Terzo Settore, ad esclusione delle Imprese Sociali, per un periodo di tempo fino a 30 anni. È altresì previsto che gli enti pubblici possano locare, a canoni agevolati, beni culturali immobili di loro proprietà, per i quali, al momento, non è previsto alcun canone e che necessitano di restauro, a Enti del Terzo Settore che svolgano attività a rilevanza culturale, con onere di riqualificare e restaurare detti beni a loro carico.

Sono stati introdotti, altresì, nuovi obblighi, variabili in base alla dimensione dell’ente, in materia di rendicontazione e contabilità a carico degli Enti del Terzo Settore. La stesura dello stato patrimoniale o e di un rendiconto finanziario, oltre a porre un nuovo onere in capo ad enti che precedentemente ne erano esentati, quali le numerose associazioni non riconosciute che volessero assumere la qualifica di Enti del Terzo Settore, apre una serie di nuove possibilità. L’avere un patrimonio separato e un chiaro regime di accountability senza dubbio permetterebbe un più facile accesso al credito bancario, che spesso può risultare precluso a quegli enti non lucrativi che, mancando di personalità giuridica, non hanno un proprio patrimonio, per la sua confusione con quello degli stessi soci o amministratori. La tenuta di un rendiconto finanziario, con indicazione dei proventi e degli oneri, agevola, inoltre, la possibilità di ottenere erogazioni liberali da parte di quelle imprese commerciali che, per via di una, ormai, generalizzata e crescente responsabilizzazione verso tematiche di interesse generale e per scopi di autopromozione, sono disponibili a finanziare progetti filantropici di utilità sociale, ma vogliono avere, altresì, una qualche garanzia di come detti fondi vengano utilizzati, garanzia che può, tra l’altro, essere soddisfatta da una precisa tenuta della contabilità.

In un simile contesto e con tali prospettive, in attesa dell’emanazione degli ultimi decreti attuativi, è certamente utile che le realtà operanti nel Terzo Settore si interroghino sulla loro situazione attuale e prospettica, analizzando le possibilità offerte da questa nuova normativa per individuare come evolversi.