Il recente decreto legislativo n. 142/2018, pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 28 dicembre 2018, ha portato ad attuazione in Italia la Direttiva n. 2016/1164, cd. Direttiva ATAD 1 (Anti Tax Avoidance Directive), modificando e/o introducendo diversi ed eterogenei istituti fiscali.

Tra le varie innovazioni, detto decreto, riscrivendo in toto l’art. 167 del Tuir, ha completamento rivisto la disciplina delle imprese estere controllate da soggetti residenti, le cd. CFC (Controlled Foreign Companies).  Tale disciplina, in estrema sintesi, ha, e aveva anche nella precedente versione della normativa, come obbiettivo il contrasto ai fenomeni di elusione fiscale e di erosione della base imponibile derivanti dall’allocazione di redditi presso soggetti controllati situati in Stati esteri a regime fiscale privilegiato, come tali sottoposti ad un regime impositivo di favore rispetto a quello nazionale.

La più evidente tra le novità introdotte è la modifica della nozione di controllo, che rappresenta il primo requisito per l’applicazione della disciplina di cui trattasi (tale nuova definizione ha, inoltre, rilevanti conseguenze anche in tema di tassazione dei dividendi e delle plusvalenze provenienti da paesi a fiscalità privilegiata, come si vedrà in un seguente approfondimento sul tema). La precedente normativa estendeva l’applicazione del regime CFC ai soli soggetti esteri che risultassero controllati da un soggetto residente ai sensi dell’art. 2359 cc, mentre ora, conformemente a quanto previsto dalla Direttiva ATAD, si considerano controllanti anche i soggetti residenti che partecipino agli utili dei soggetti esteri per più del 50%, così ampliando, come detto, l’ambito applicativo del regime CFC.

Stabilita la sussistenza del requisito del controllo, la precedente disciplina prevedeva disposizioni differenziate per i soggetti esteri residenti in Paesi a fiscalità privilegiata (cd. CFC Black) o che, invece, fossero residenti in Stati dell’Unione Europea o comunque diversi da quelli cd. Black (CFC White). Questa bipartizione è stata ora eliminata, prevedendo, infatti, il nuovo testo dell’art. 167 Tuir, una disciplina unitaria per entrambe le fattispecie.  In particolare, la disciplina CFC è applicabile qualora i soggetti esteri, a prescindere dallo Stato di residenza, soddisfino entrambe le seguenti condizioni:

Ulteriore modifica di rilievo in materia di imprese estere controllate, introdotta dal decreto attuativo, è la riduzione, dalle tre previste dalla precedente normativa (due per le CFC Black e una per le CFC White), ad una sola esimente per evitare l’applicazione del regime CFC. È, infatti, previsto che il soggetto controllante possa evitare l’applicazione del regime CFC, qualora dimostri, anche attraverso la presentazione di un’istanza di interpello probatorio, che il soggetto estero controllato svolga un’attività economica effettiva, mediante l’impiego di personale, attrezzature, attivi e locali.

A differenza dei presupposti sopraelencati, le conseguenze derivanti dall’applicazione del regime CFC, per il soggetto residente controllante, non sono state cambiate, se non in minima parte, dal decreto legislativo. Il reddito realizzato dal soggetto controllato estero è imputato al soggetto controllante, prescindendo da una sua effettiva percezione, in proporzione alla propria quota di partecipazione agli utili del soggetto estero. Detti redditi sono sottoposti a tassazione separata, all’aliquota media applicata al reddito del soggetto controllante a cui sono imputati e, dall’imposta così determinata, vengono detratte le imposte sul reddito pagate a titolo definitivo dal soggetto estero.

Alla luce di quanto precede risulta utile procedere ad un’attenta verifica delle situazioni in essere, rendendosi applicabile la novità normativa a partire dal periodo di imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2018.