I cd. green claim, ovvero le comunicazioni pubblicitarie dirette a suggerire o evocare il minore o ridotto impianto ambientale del prodotto reclamizzato, sono diventati negli ultimi anni molto diffusi. Si tratta infatti di una modalità comunicazionale di grande efficacia, dal momento che i consumatori sono sempre più sensibili alla tematica ambientale, sia per quanto riguarda la percezione di contribuire alla tutela ambientale; sia perché – in particolare in relazione a certe tipologie di prodotti (come detersivi, elettrodomestici, veicoli e carburanti) – il vanto ambientale di risparmio energetico si traduce in un vantaggio di tipo economico.
Non stupisce pertanto che sempre più aziende utilizzino asserzioni ambientali nella propria comunicazione, anche se non sempre in maniera del tutto corretta. E proprio di claim ambientali ingannevoli si è occupata recentemente l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato che, con il provvedimento 28060 del 20 dicembre 2019, ha condannato Eni per pratiche commerciali ingannevoli, in relazione ai messaggi pubblicitari relativi al gasolio “Eni Diesel +”. A partire dal 2016, infatti, ENI aveva iniziato a diffondere numerosi messaggi relativi a “Diesel+”, gasolio caratterizzato dall’avere una componente di biodiesel (pari al 15%), ottenuto tramite idrogenazione dell’olio di palma. I numerosi messaggi diffusi nel triennio esaminato dall’AGCM erano incentrati da un lato sull’impatto positivo per l’ambiente di “Diesel +”, dall’altro sulla riduzione di consumi e di emissioni che sarebbe derivata dall’utilizzo del carburante. Il provvedimento dell’Autorità Garante è particolarmente interessante, non solo perché ha comminato all’azienda una sanzione pari al massimo edittale, ma soprattutto perché ha offerto l’occasione per richiamare i principi in tema di comunicazione ambientale elaborati negli ultimi anni, sia dalla prassi dell a stessa Autorità, sia dalla Commissione Europea, che ha emanato linee guida per l’applicazione della direttiva 29/2005 sulle pratiche commerciali scorrette ai green claim. Esaminando in prima battuta i claim pubblicitari incentrati sull’impatto positivo nei confronti dell’ambiente, l’Autorità rileva come i messaggi di Eni attribuissero al prodotto un impatto ambientale positivo, addirittura un effetto di protezione e cura dell’ambiente. I messaggi, però, sono riferiti ad un prodotto – un carburante – che per sua natura è altamente inquinante e che per questo motivo non potrà mai essere “green”; tantomeno l’uso di un tale prodotto non permette di “prendersi cura dell’ambiente”, come affermato da alcuni messaggi. Come ha ricordato più volte l’AGCM, i green claim non possono consistere in vanti (ambientali) generici, ma devono indicare al consumatore in maniera chiara, specifica e circostanziata il beneficio ambientale. Per quanto riguarda i vanti di riduzione, sia dei consumi che delle emissioni inquinanti, l’Autorità ha affermato che anche in questo caso i claim utilizzati dal professionista fossero ingannevoli. Questo sia perché in molti casi risultavano inveritieri, veicolando l’idea di un risparmio maggiore da quello ottenibile dalla gran parte dei consumatori, sia perché in altri casi – pur essendo in sé i claim tecnicamente veritieri – le modalità di comunicazione erano tali da far incorrere in errore il consumatore medio. Come sappiamo, il codice del consumo non contiene disposizioni specifiche in tema di green claim, e le valutazioni dell’Autorità sono state effettuate sulla base delle norme generali in tema di pratiche commerciali ingannevoli. Nella pratica, però, i principi sopra richiamati sono del tutto analoghi alla disposizione dell’art. 12 del Codice di Autodisciplina della comunicazione commerciale. L’art. 12 c.a., introdotto nel 2014, rubricato “Tutela dell’ambiente naturale”, prevede che “la comunicazione commerciale che dichiari o evochi benefici di carattere ambientale o ecologico deve basarsi su dati veritieri, pertinenti e scientificamente verificabili. Tale comunicazione deve consentire di comprendere chiaramente a quale aspetto del prodotto o dell’attività pubblicizzata i benefici vantati si riferiscono”.
Avv. Chiara Pappalardo