L’art. 83 del D.L. 18/2020, pubblicato lo scorso 18 marzo (c.d. “Decreto Cura Italia”), è la norma in cui sono stati inseriti i principali provvedimenti adottati dal Governo relativamente al funzionamento della giustizia durante il periodo di “lockdown”.

La norma (cfr. comma 22) abroga e sostituisce, con effetto retroattivo, quanto era già stato disposto dagli artt. 1 e 2 del D.L. 11/2020, norme che avevano generato non poco scompiglio tra gli operatori giuridici, soprattutto con riguardo alla sospensione dei termini giudiziali non connessi a procedimenti pendenti e con udienza già fissata.

Con particolare riguardo alla giustizia tributaria – per cui la sospensione dei termini (allora prevista solo fino al 22 marzo) si applicava in virtù di apposito rinvio contenuto nel comma 4 – era quantomeno dubbio se dovessero intendersi prorogate anche le scadenze per la notifica, ed il successivo deposito, degli atti introduttivi, tanto del giudizio di primo grado, quanto dei gradi successivi e del giudizio di riassunzione.

A tal proposito, non pochi commentatori avevano correttamente rilevato che un’interpretazione letterale delle disposizioni citate non consentiva affatto di poter considerare sospesi i termini afferenti alle attività introduttive del giudizio innanzi alle Commissioni Tributarie, nonché avanti alla Suprema Corte, e avevano pertanto auspicato un chiarimento legislativo in tal senso.

Ebbene, con la norma da ultimo licenziata, l’Esecutivo sembra aver voluto dirimere ogni dubbio con riguardo al termine per la notifica del ricorso introduttivo in CTP (nonché per la notifica del reclamo, ove applicabile, in considerazione del valore della lite). Tuttavia la tecnica redazionale scelta rischia di generare dubbi (e, conseguentemente, contenzioso) per quanto riguarda il deposito dell’atto introduttivo, nonché per la notifica (ed il relativo deposito) degli atti di impugnazione delle sentenze e per l’introduzione del giudizio di riassunzione.

A differenza di quanto accade per i giudizi civili e penali – per cui è stato disposto un generalizzato e ampio rinvio di tutti i termini procedurali e processuali, compresi quelli relativi alle fasi di impugnazione ed esecuzione – con riguardo alla giurisdizione tributaria, il comma 2 dell’art. 83 dispone infatti testualmente che sono sospesi, dal 9 marzo al 15 aprile 2020 solo “i termini per la notifica del ricorso in primo grado innanzi alle Commissioni tributarie e il termine di cui all’articolo 17-bis, comma 2 del decreto legislativo 31 dicembre 1992 n. 546”.

Pertanto, qualora il termine per la notifica del ricorso (ovvero del reclamo) in primo grado scada nel periodo di sospensione, lo stesso è pacificamente sospeso – come, del resto accade, per esempio, durante il consueto periodo di sospensione feriale – per 38 giorni.

Per espressa previsione legislativa, la sospensione vale anche per i termini che hanno inizio nel periodo di sospensione. Pertanto, qualora l’atto impugnato sia stato eventualmente notificato nel corso del periodo di sospensione, il termine per la proposizione del ricorso inizierà a decorrere solo a partire dal 16 aprile 2020.

Ma cosa accade per i termini, tra i quali quello di deposito dell’atto introduttivo, per la proposizione delle impugnazioni in appello e Cassazione, nonché per la riassunzione, che non sono stati esplicitamente richiamati nella norma citata?

La loro sospensione può essere data dal generale rinvio, contenuto nel comma 21 dell’art 83 in commento, ai “procedimenti relativi alle commissioni tributarie e alla magistratura militare”.

Dal fatto che il Legislatore sospende espressamente alcuni termini, tralasciandone altri, che, invece, nell’ambito dello stesso comma, ma con riferimento a procedimenti diversi (penali e civili) contempla, dovrebbe dedursi una precisa scelta che non ammette estensioni analogiche (ubi lex voluit dixit, ubi noluit tacuit); e il rinvio di cui al predetto comma 21 appare mal coordinato, essendo in apparente contrasto con la scelta di esplicitare alcuni termini, ma non tutti.

È però evidente che in tal modo sarebbe sacrificata la ratio della norma, che intende posticipare ogni adempimento processuale a data successiva al 15 aprile 2020, al fine di contenere il più possibile gli effetti della pandemia in atto.

È invece più plausibile pensare che si tratti di un banale errore, forse dettato da un eccesso di zelo (per la preoccupazione di non escludere dalla sospensione atti introduttivi del giudizio e il termine non tecnicamente processuale della procedura di reclamo-mediazione), e che la sospensione di detti termini si applichi in relazione a tutti gli atti (anche introduttivi) del processo tributario, di ogni grado.

Sembra, in altre parole, che l’Esecutivo, a causa probabilmente della fretta causata dalla situazione contingente, e dalle molteplici sollecitazioni pervenute da più fronti, abbia inserito, nel comma 2, una specificazione del tutto inutile, superflua e foriera di pretestuosi dubbi per gli interpreti.

Si ritiene, quindi, che il Governo abbia in realtà voluto estendere anche alla giurisdizione tributaria l’applicazione della generalizzata previsione di sospensione di tutte le attività processuali e dei relativi termini, ivi inclusi quelli di impugnazione in appello, Cassazione, nonché quelli di riassunzione.

La norma, di portata generale e assoluta, non è certo ben espressa nel combinato disposto della specificazione contenuta nel comma 2, secondo cui, nel contenzioso fiscale, la sospensione si applicherebbe solo al ricorso (o al reclamo ex art. 17-bis) introduttivo del giudizio di primo grado, e del rinvio contenuto nel successivo (lontanissimo) comma 21. Sarebbe bastato il generale rinvio ai procedimenti tributari, infatti, per ottenere l’effetto di sospendere, oltre che i termini per la proposizione di appelli e giudizi di legittimità, anche quelli per la notifica del ricorso di primo grado.

Non sembra tuttavia potersi discutere sulla finalità e sull’intento complessivo dell’intervento normativo varato dal Governo, il cui effetto è quello di sospendere, almeno fino al 15 aprile, ogni attività processuale, ivi incluse quelle afferenti alle attività prodromiche alle impugnazioni delle sentenze delle Commissioni Tributarie e all’introduzione del giudizio di riassunzione dinanzi alle stesse.

Tale è, del resto, la posizione assunta anche nella nota ufficiale del MEF di commento al Decreto in argomento.

Resta comunque auspicabile un chiarimento normativo, che ben potrebbe essere apportato in sede di conversione in Legge, al fine di prevenire eventuali assurde contestazioni da parte degli Uffici Finanziari.