Il Decreto Agosto, tra le varie misure previste a sostegno dell’economia, ne presenta una di particolare interesse per le imprese italiane: la possibilità, prevista dall’art. 110 del suddetto decreto, di rivalutare (ad un costo estremamente ridotto) i propri beni aziendali.

La rivalutazione che, a differenza di quelle passate, può essere effettuata anche per singoli beni – purché risultanti dal bilancio dell’esercizio in corso al 31 dicembre 2019 -, deve, in ogni caso, avere ad oggetto, alternativamente, immobilizzazioni materiali od immateriali, qualora costituite da beni consistenti in diritti giuridicamente tutelati (a titolo esemplificativo, privative industriali, marchi ecc.), o partecipazioni in società controllate o collegate (se immobilizzate). Non possono, viceversa, essere oggetto di rivalutazione i beni merce, l’avviamento e i costi pluriennali.

Fermo l’ambito oggettivo sopra delineato, il suddetto art. 110 del Decreto Agosto prevede due differenti ipotesi di rivalutazione che presentano differenti benefici.

In primo luogo, è possibile optare per una rivalutazione ai soli fini civilistici, che, senza costo alcuno, può permettere all’impresa di incrementare il proprio patrimonio netto, iscrivendovi una riserva di utili che potrà anche, eventualmente, attraverso specifiche procedure, essere utilizzata a copertura di perdite o distribuita tra i soci.

In alternativa, vi è la possibilità di optare per una rivalutazione avente anche valore fiscale, che, quest’anno, risulta particolarmente vantaggiosa per una serie di ragioni.

In primis, affinché la rivalutazione assuma rilevanza ai fini delle imposte dirette, l’impresa sarà tenuta a versare un’imposta sostitutiva pari al solo 3% del maggior valore attribuito ai beni aziendali. In questo modo il risparmio è duplice:

Nel caso di rivalutazione “fiscale”, il saldo attivo verrà iscritto in una apposita riserva in sospensione di imposta che, ove la si volesse distribuire, potrebbe essere affrancata pagando un’ulteriore imposta sostitutiva pari al 10% dei maggior valori attribuiti ai beni aziendali. In questo caso, la distribuzione non genererà ulteriori costi fiscali in capo alla società (con assoggettamento dell’importo distribuito solo in capo ai soci secondo le ordinarie disposizioni fiscali). Viceversa, qualora la riserva da rivalutazione “fiscale” non venga affrancata, e ne dovesse essere deliberata, in seguito, la sua distribuzione, quest’ultima, (al netto secondo la dottrina e al lordo secondo l’Agenzia delle Entrate dell’imposta sostitutiva versata), concorrerebbe a formare il reddito imponibile della società.

Di particolare interesse per chiunque prendesse in considerazione l’ipotesi di rivalutare i beni d’impresa è la circostanza che mentre, come si è detto, la distribuzione dei valori “generati” attraverso la rivalutazione fiscale risulti essere particolarmente onerosa, così non è se i beni vengono rivalutati ai soli fini civilistici.

In questo caso infatti – come già precisato dall’Agenzia delle Entrate in caso di rivalutazioni che (mutatis mutandis) avevano le medesime caratteristiche – il saldo attivo di rivalutazione costituisce una riserva di utili(esenti da imposizione al momento dell’iscrizione) soggetti ad imposizione in caso di distribuzione solo in capo al socio (non concorrendo, in ogni caso, a formare la base imponibile della società). Inoltre vi sono casi (si veda, a mero titolo esemplificativo, la rivalutazione avente ad oggetto beni di una società di persone o effettuata da un imprenditore individuale), in cui la distribuzione del saldo attivo risulta irrilevante ai fini fiscali anche per i soggetti percipienti.

Da quanto sopra brevemente illustrato, risulta evidente come la disposizione in commento possa riservare notevoli, diverse, opportunità alle imprese italiane che, in questo particolare  momento storico, potrebbero trovare particolarmente utile incrementare le proprie risorse patrimoniali, per coprire anche perdite derivanti dalla corrente pandemia, creando (o meno) materia deducibile dall’imponibile, e potendosi intravedere anche utilità nella realizzazione di operazioni di M&A, con possibile creazione di materia distribuibile prima della compravendita onde realizzare, se del caso, un pushdown del debito (con riduzione del prezzo di acquisto) sulla target, fiscalmente vantaggioso e magari alternativo alla fusione altrimenti a tal fine necessaria nella fisiologia delle suddette operazioni.