Il contratto, secondo quanto previsto all’art. 1372 del codice civile, ha forza di legge tra le parti, ma, in caso di sopravvenienze in grado di turbare l’equilibrio delle prestazioni originariamente previsto dalle parti, il principio di vincolatività del contratto può/deve essere contemperato con altri principi dell’ordinamento?

Il tema è venuto alla ribalta a fronte dell’insorgere dell’epidemia da COVID19, la quale ha portato indubbie e profonde modifiche nel sostrato fattuale che ha costituito il presupposto di svariati rapporti contrattuali, il cui originario equilibrio è stato, conseguentemente, minato.

Gli operatori del diritto si sono dovuti confrontare con le richieste di coloro che, toccati fortemente dal sopravvenire dell’emergenza sanitaria (che ha portato con sé anche quella economica), hanno richiesto a gran voce soluzioni in grado superare la sopraggiunta iniquità di accordi contrattuali conclusi in epoca antecedente all’emergenza stessa.

Ebbene, l’Ufficio del Massimario della Corte di Cassazione ha pubblicato nel luglio scorso una relazione tematica sul punto, offrendo importanti spunti che, si ritiene, dovranno essere tenuti ben a mente nella redazione della futura contrattualistica.

Nella specie, con la relazione tematica in questione, sulla base dell’esigenza di contemperamento fra il principio di conservazione del contratto e quello del rebus sic stantibus – esigenza manifestatasi in modo diffuso in occasione dell’emersione della situazione pandemica – è stata offerta una soluzione conservativa del rapporto contrattuale, basata sul riconoscimento dell’obbligo, in capo al soggetto non svantaggiato dalle sopravvenienze, di rinegoziazione del contratto.

Tale obbligo trova, secondo il predetto ufficio, la sua base legale nel fondamentale principio di buona fede e correttezza contrattuale, il quale non si limita a regolare il comportamento delle parti nella fase precontrattuale e contrattuale, ma può anche essere fonte di integrazione del contratto. Nel senso che la rinegoziazione di quest’ultimo diventa, a fronte di sopravvenienze in grado di modificare l’assetto economico-giuridico concordato tra le parti, passaggio obbligato al fine di adattare gli impegni contrattuali raggiunti alle circostanze e alle esigenze sopravvenute.

L’obbligo di rinegoziazione del contratto viene, dunque, indicato come rimedio idoneo a riportare in equilibrio il rapporto tra costi e ricavi prefigurato originariamente, allineando il regolamento pattizio alle modificate circostanze, e, quindi, in fin dei conti, lungi dal costituire una manipolazione della volontà delle parti, consentirebbe, anzi (salva sua espressa esclusione pattizia), di garantirne la corretta realizzazione alla luce delle sopraggiunte condizioni.

Attenzione però! L’obbligo di rinegoziare il contratto non comporta anche l’obbligo di concludere il contratto modificativo, ma solo di partecipare, con serietà e correttezza, alle nuove trattative, proponendo, se del caso, soluzioni riequilibrative eque ed accettabili, alla luce dell’economia del contratto. La parte del rapporto non svantaggiata dalle sopravvenienze non è tenuta, quindi, ad acconsentire a qualsivoglia pretesa modificativa dell’altra parte, dovendo sì salvaguardare gli interessi di quest’ultima, sempre in esecuzione dell’obbligo di agire in buona fede, ma nei limiti in cui ciò non comporti per sé un sacrificio apprezzabile ed ingiustificato.

Qualora tale obbligo di rinegoziazione non dovesse essere adempiuto, secondo la relazione in commento, la parte svantaggiata dalle sopravvenienze potrebbe richiedere l’intervento sostitutivo del giudice, il quale, tuttavia, potrebbe intervenire sul rapporto diventato iniquo, riportandolo all’equilibrio originariamente stabilitosolo qualora dal regolamento negoziale emergano i criteri atti a ristabilire tale equilibrio, ovvero emerga la ripartizione del rischio derivante dal contratto voluta dalle parti. In altre parole, il giudice deve essere in grado di ricostruire l’originario, concordato, assetto economico-giuridico del rapporto, dovendosi astenere dall’intervenire in mancanza.

Alcuni dei principi di cui sopra sono stati richiamati anche da recente giurisprudenza di merito e, visto il riacuirsi dell’emergenza, è presumibile che ulteriori giudici saranno a breve chiamati a pronunciarsi nuovamente sul punto.

A fronte di tutto quanto sopra, è di assoluta centralità la questione delle modalità di redazione dei contratti. Gli operatori del settore dovranno tenere bene in conto le indicazioni contenute nella relazione dell’Ufficio del Massimario della Corte di Cassazione, per stabilire in contratto se e come, in caso di sopravvenienze incidenti sull’equilibrio contrattuale e di mancato ottemperamento, da parte della parte contrattuale non sfavorita dalle sopravvenienze stesse, all’obbligo di rinegoziazione, il giudice adito sia messo nelle condizioni di valutare la ripartizione tra le parti del rischio derivante dal contratto e, conseguentemente, di poter intervenire, riportando in equilibrio il rapporto.

Di talché, la contrattualistica “di serie” dovrebbe essere attentamente vagliata in senso critico, assumendo maggior appeal regolamentazioni contrattuali che si attaglino allo specifico caso, disciplinando la ripartizione del rischio, con riferimento anche a queste specifiche situazioni.