Una recente pronuncia della Suprema Corte offre l’occasione per approfondire i presupposti applicativi dell’esenzione dall’imposta sulle successioni e donazioni, prevista dall’art. 3, 4 ter del D.Lgs 31 ottobre 1990 n. 346, per i trasferimenti di quote di partecipazione in esecuzione di patti di famiglia.

L’esenzione in parola è volta a favorire il passaggio generazionale delle aziende di famiglia. La ratio legis sottesa alla norma è infatti quella della “neutralizzazione fiscale del passaggio generazionale di ogni realtà od organismo imprenditoriale direttamente [i.e. azienda o un suo ramo] o indirettamente [i.e. le partecipazioni societarie] produttivo, preservandone efficienza, funzionalità ed unitarietà” (1). Il Legislatore mira a favorire la continuità dell’impresa in occasione del passaggio generazionale, affinché il medesimo nucleo familiare ovvero i discendenti dell’imprenditore proseguano nell’esercizio dell’impresa.

In particolare, l’art. 3, co. 4-ter del D.lgs 31 ottobre 1990 n. 346 riconosce l’esenzione dall’imposta in esame per i trasferimenti effettuati tramite patto di famiglia, a favore dei discendenti e del coniuge, di aziende e rami di esse nonché di azioni e quote societarie.

Con particolare riguardo al trasferimento di partecipazioni sociali di soggetti di cui all’73, I, lett. a) (tra i quali annoveriamo le società di capitali), la norma riconosce il beneficio in presenza di due distinte condizioni:

In merito all’ambito applicativo dell’esenzione in parola, si registra la recente sentenza n. 6591 depositata il 10 marzo 2021, avente ad oggetto il caso di assegnazione frazionata fra più discendenti della partecipazione di controllo del dante causa.

Nel caso trattato dalla citata Cassazione, un soggetto titolare del 99% delle azioni del capitale sociale, mediante l’utilizzo di un patto di famiglia, attribuiva separatamente ed in parti uguali il 25% del capitale sociale di una società per azioni ai suoi tre figli.

Il giorno successivo alla conclusione del patto di famiglia, i tre beneficiari stipulavano un patto parasociale accessorio con il quale convenivano:

All’esito del giudizio, la Corte di Cassazione ha escluso l’applicazione dell’esenzione dall’imposta sulle donazioni prevista dall’art. 3 comma 4-ter del D.lgs. 346/90, a nulla rilevando il successivo e accessorio patto parasociale concluso dai figli.In particolare, la Suprema Corte ha accolto il ricorso dell’Agenzia delle Entrate sulla base di tre argomentazioni.

  1. Quanto al requisito del controllo, l’esenzione ex art. 3, comma 4-ter ricollega il riconoscimento del beneficio alla costituzione in capo al beneficiario di una situazione di controllo di diritto ex art. 2359, I, n. 1 c.c. Di contro, nel caso in esame nessuno dei beneficiari acquisiva il requisito del controllo per effetto del patto di famiglia.
  2. Quanto alla stipula di un patto parasociale ad opera dei figli, lo stesso non è idoneo a far conseguire il trattamento agevolativo, poiché il trasferimento del controllo non avverrebbe al momento di stipula del patto di famiglia bensì in conseguenza del successivo ed accessorio patto parasociale tra gli assegnatari. Inoltre, la Suprema Corte ha osservato che i patti parasociali sono vincolanti esclusivamente tra le parti contraenti, non potendo quindi incidere direttamente sull’attività sociale.
  3. Quanto all’interpretazione estensiva delle disposizioni che stabiliscono esenzioni o agevolazioni (quale è quella di cui al citato art. 3, comma 4-ter), le stesse sono soggette ad interpretazione restrittiva ai sensi dell’art. 14 delle preleggi, il quale prevede che “l’analogia non è ammessa per le leggi penali e per quelle che fanno eccezione a regole generali o ad altre leggi”.

L’allineamento della Suprema Corte alla tesi sostenuta dall’Amministrazione Finanziaria (3) non ha convinto parte della dottrina la quale ha evidenziato l’irragionevolezza dell’interpretazione restrittiva dell’esenzione in parola (4), rilevando che l’Amministrazione Finanziaria attribuisce rilevanza al cumulo delle partecipazioni possedute dai membri di un nucleo familiare, in particolare se legati da patto parasociale, in fattispecie diverse rispetto a quella in esame (ad esempio nel caso di verifica del requisito del controllo ai fini dell’applicazione del regime CFC, ex art. 166 TUIR).

Detto questo, resta comunque possibile garantire il passaggio generazionale di una società a più figli beneficiando dell’esenzione di cui all’art. 3, comma 4-ter del D.Lgs. 31 ottobre 1990 n. 346 senza incorrere in alcuna contestazione ad opera dell’Amministrazione Finanziaria, attribuendo una quota di partecipazione di maggioranza in comproprietà ai figli. In tale ipotesi, infatti, la Suprema Corte ha riconosciuto che “il beneficio deve essere sempre riconosciuto, a condizione che i diritti dei comproprietari vengano esercitati da un rappresentante comune, che disponga della maggioranza dei voti esercitabile nell’assemblea ordinaria”.

Nei medesimi termini si era peraltro espressa l’Agenzia delle Entrate con la Circolare del 22 gennaio 2008 n. 3E, nonché con la Circolare del 16 febbraio 2017 n. 11E.

Da ultimo, con la risposta a interpello 7 febbraio 2020, n. 37, l’Agenzia delle Entrate aveva affermato che l’esenzione dall’imposta sulle successioni e donazioni è applicabile al patto di famiglia con il quale il 100% delle partecipazioni della holding di famiglia, detenute al 33% in comproprietà dei tre fratelli, venivano da questi donate ai rispettivi figli in quota indivisa, nella misura di: piena proprietà al 18% della partecipazione, nuda proprietà dell’82% della partecipazione, riservandosene i disponenti l’usufrutto, ma attribuendo il diritto di voto ai figli beneficiari del patto.

Tutto quanto precede riguarda il trasferimento di quote di controllo in società di capitali, mentre per il trasferimento di quote di partecipazioni in società di persone, eventualmente anche società semplici che svolgano il ruolo di holding di partecipazione, con patti parasociali inseriti direttamente nel patto sociale, la situazione sarebbe completamente diversa ed il passaggio di controllo sussisterebbe indipendentemente dalla percentuale di partecipazione trasferita, stante il diverso regime di governance delle società di persone.

Nella costruzione dei gruppi di famiglia e nelle scelte aventi per oggetto i passaggi generazionali occorre dunque molta attenzione ed è necessario avvalersi di professionisti esperti della materia per beneficiare di agevolazioni disponibili e/o per evitare di vedersele contestate a posteriori.

Carmini Avvocati Associati

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(1) Studio n. 43-2007/T, Tassazione dei patti di famiglia e dei trasferimenti di cui all’art. 1 comma 78 legge 27 dicembre 2007 n. 296 (cd Finanziaria 2007), in CNN Notizie del 14 maggio 2008, est. Basilavecchia-Pischetola.

(2) L’art. 2359, I, 1) c.c. definisce la nozione di controllo di diritto che si realizza quando un soggetto “dispone della maggioranza dei voti esercitabili nell’assemblea ordinaria” di una società, ossia detiene il 50% delle quote o azioni delle società, con diritto di voto nell’assemblea ordinaria.

(3) Circolare n. 11/E del 16 febbraio 2007.

(4) STEVANATO, L’agevolazione delle trasmissioni d’impresa nel tributo successorio, in Dialoghi Dir. Trib., 2007; ZIZZO, I trasferimenti di azienda e di partecipazioni sociali per successione o donazione, in Corr. Trib., 17/2007.