Il 20 maggio 2021 il Senato ha approvato, con modifiche, il DDL n. 988, “Disposizioni per la tutela, lo sviluppo e la competitività della produzione agricola, agroalimentare e dell’acquacoltura con metodo biologico”. La notizia è stata accolta con entusiasmo dagli operatori di settore giacché il provvedimento conterrebbe misure importanti per favorire, da un lato, l’ulteriore crescita di un settore che già vale 3,5 miliardi di euro e rappresenta una quota rilevante del made in Italy e, dall’altro, lo sviluppo di virtuosi sistemi produttivi locali.
Il decreto – composto da 21 articoli – definisce la produzione biologica come “attività di interesse nazionale con funzione sociale e ambientale” (articolo 1) ed istituisce i distretti biologici al fine di sviluppare l’agricoltura e l’economia dei territori rurali. Ma soprattutto il provvedimento istituisce il marchio biologico italiano di cui potranno fregiarsi “i prodotti biologici ottenuti da materia prima italiana” (articolo 6) per distinguere dunque i prodotti biologici realizzati con materie prime coltivate o allevate nel nostro Paese da tutti gli altri. Sarebbe previsto, tra l’altro, l’impiego di piattaforme digitali per garantire una piena informazione circa la provenienza, la qualità e la tracciabilità dei prodotti. Ciò che ha fatto più discutere in aula è stata l’equiparazione, prevista dal testo, dell’agricoltura biodinamica a quella biologica.
La senatrice a vita Elena Cattaneo ha presentato due emendamenti, poi bocciati, per eliminare ogni riferimento all’agricoltura biodinamica, definita una “stregoneria” priva di basi scientifiche, facente capo ad un soggetto giuridico estero, non meritevole di fondi europei. Invero, secondo alcuni, il polverone creatosi sarebbe basato su un mero equivoco, visto che la biodinamica è equiparata al biologico, e dunque finanziata dall’UE, solo se segue anche i protocolli dell’agricoltura biologica.
Ora il testo torna in discussione alla Camera dei deputati per l’approvazione definitiva, che Maria Grazia Mammuccini, presidente di FederBio, spera arrivi in tempi rapidi «per riuscire così a cogliere tutte le opportunità di questa fase di cambiamento strategico per i sistemi agricoli e alimentari nel nostro Paese e in tutta Europa”. La legge arriverebbe, infatti, a distanza di poco tempo dall’adozione del Piano d’azione europeo per il biologico, redatto in attuazione della Strategia Farm to Fork, e all’avvio del percorso di stesura del Piano Strategico Nazionale della Pac. Senza contare che il Green Deal UE vede proprio nel biologico uno dei driver principali per la transizione del sistema agroalimentare verso la sostenibilità. L’Italia, con una superficie agricola coltivata a bio di 2 milioni di ettari, pari al 15% del totale (considerate che a livello europeo il metodo biologico copre il 7,7% delle terre agricole), riuscirà ad essere protagonista di questa svolta sostenibile in campo agricolo e a rafforzare la propria competitività anche sui mercati internazionali?
Staremo a vedere!
Avv. Luciana Porcelli