Recentemente la Corte di Giustizia Europea, con la sentenza del 17 giugno 2021 nella causa C-597/19 ha avuto occasione di pronunciarsi in merito a pratiche di c.d. copyright troll.
Si tratta di un fenomeno diffusosi negli ultimi anni, che vede il soggetto contrattualmente titolare di un diritto d’autore, o diritti connessi, non sfruttare direttamente l’opera protetta, ma limitarsi a chiedere il risarcimento per le violazioni del proprio diritto.
A fronte di questa condotta, il Tribunale Belga che ha formulato la domanda pregiudiziale, ha chiesto alla Corte di Giustizia se un modello economico di business così configurato – basato sull’esistenza della pirateria invece che sulla lotta alla stessa – rientri nel disposto normativo del capo II della direttiva 2004/48 che tutela gli autori o licenziatari che sfruttano i diritti d’autore in modo regolare.
In particolare, il giudice a quo ha domandato se in questa situazione è possibile che il licenziatario dei diritti subisca un pregiudizio (ai sensi della direttiva 2004/48) per effetto della violazione.
La Corte preliminarmente ha evidenziato che l’articolo 4, lettera a), della direttiva 2004/48 non richiede che un titolare di diritti di proprietà intellettuale sfrutti effettivamente i propri diritti di proprietà intellettuale per accedere alle misure, procedure e mezzi di ricorso previsti dalla procedura.
Quanto alla possibilità che lo sfruttamento indiretto possa generare un pregiudizio per il titolare dei diritti, la Corte ha posto l’accento sulla volontà della direttiva in esame di garantire un livello elevato di tutela della proprietà intellettuale nel mercato interno, nonché sul fatto che l’eventuale mancato riconoscimento della tutela di questi diritti in capo a soggetti che si limitano a chiedere risarcimenti per presunte violazioni genererebbe un trattamento meno favorevole per i secondi rispetto ai soggetti che sfruttano l’opera in toto.
Quindi, la Corte ha riconosciuto che, in linea teorica, l’eventuale esercizio della tutela autorale esclusivamente mediante lo sfruttamento delle sue violazioni è di per sé consentito.
Rientra, però, nella competenza del giudice del rinvio – e quindi del Tribunale Belga che ha adito la Corte di Giustizia – l’accertamento di fatto che le misure, le procedure e i mezzi di ricorso volti a tutelare i diritti di proprietà intellettuale previsti dalla direttiva in esame siano leali ed equi e che vengano applicati in modalità di salvaguardia contro gli abusi.
Qualora il giudice del merito dovesse accertare la sussistenza di un abuso da parte del titolare dei diritti è legittimo, ai sensi dell’articolo 3 della direttiva 2004/48, respingere le richieste di tutela presentate dall’avente diritto.
Avv. Lara Cazzola