Maria De Filippi, regina incontrastata della tv (che piaccia o no), ha registrato un altro grande successo. Non si tratta dell’ennesima vittoria nella gara di ascolti, ma della causa civile che – per ben 18 anni – l’ha vista protagonista, insieme alla società di produzione Fascino P.G.T. e a Reti Televisive Italiane (RTI), e che riguardava una delle sue trasmissioni televisive più celebri, “Amici”. La Cassazione, con ordinanza n. 37353 del 29.11.2021, ha messo la parola fine a questa lunga controversia, respingendo il ricorso presentato da Kamel Film s.a.s. e dal suo socio accomandatario, Quagliano, avverso la sentenza n. 2213/2016 della Corte di Appello di Roma, già pronunciatasi in senso favorevole alla De Filippi, e dunque confermando che “Amici” non è un plagio.
Ma ripercorriamo la vicenda. Con citazione del giugno 2004, Kamel e Quagliano dedussero che la De Filippi, autrice del programma “Amici” prodotto da Fascino, aveva utilizzato pedissequamente una loro opera intellettuale. Si trattava del format televisivo, realizzato nel 2001 da Quagliano e prodotto da Kamel, avente ad oggetto la trasmissione in una scuola di spettacolo in forma di “striscia quotidiana” (denominata “Scuola di spettacolo”). Questo format era una rielaborazione di un precedente format prodotto da Kamel per RTI, che aveva avuto una trasposizione scenica nella serie televisiva “La scuola in diretta” trasmessa da Italia Uno tra il 1995 e il 1996.
Per stabilire se un format televisivo integri gli estremi dell’opera dell’ingegno protetta dal diritto d’autore, è possibile – in assenza di una definizione normativa – aver riguardo alla nozione risultante dal bollettino ufficiale della SIAE n. 66 del 1994, secondo cui l’opera deve presentare, come elementi qualificanti, articolazioni sequenziali e tematiche, costituite da un titolo, un canovaccio o struttura narrativa di base, un apparato scenico e personaggi fissi, così realizzando una struttura esplicativa ripetibile del programma.
Ai fini della tutelabilità del format è necessaria la presenza di una struttura programmatica dotata di un grado minimo di elaborazione creativa, la quale si caratterizza dall’individuazione iniziale almeno degli elementi strutturali della vicenda, quali l’ambientazione nel tempo e nello spazio, i personaggi principali, il loro carattere, il filo conduttore della narrazione (Cass. 21172/2011).
Nel merito del caso di specie, sia il Tribunale che la Corte di Appello di Roma hanno escluso il plagio, ritenendo che il format di Kamel non avesse le caratteristiche essenziali ai fini della sua configurabilità quale opera dell’ingegno e che il format Amici fosse in ogni caso strutturalmente diverso da quello di Kamel perché il primo integrava un talent show, mentre il secondo un reality show. Diversa era anche la struttura narrativa: quella del format Amici era focalizzata sulla crescita e competizione tra nuovi talenti e quella dell’altro format sull’aspetto umano e relazionale. Le identità riguardavano soltanto particolari non salienti perché secondari o già noti, come ad esempio l’ambientazione della scuola di spettacolo e la modalità di trasmissione in forma di striscia quotidiana (già sperimentata dal 2000 per il “Grande fratello”). E’ stato dunque escluso il risarcimento dei danni lamentati dagli attori.
Contro RTI era stata svolta anche una domanda di concorrenza sleale giacché questa avrebbe interrotto delle trattative con il Quagliano per la realizzazione del suo format del 2001, mandando però in onda nello stesso anno la trasmissione Amici; anche questa domanda è stata rigettata. I giudici hanno ritenuto che vi fossero stati tra le parti contatti solo embrionali mai tradotti in vere e proprie trattative.
In Cassazione, come anticipato, non è andata meglio per Kamel. I cinque motivi di ricorso sono stati ritenuti inammissibili, in larga parte perché attinenti palesemente al merito e veicolanti contestazioni con le quali la parte ricorrente si limitava a contrapporre la propria lettura dei fatti a quella, diversa, data dal giudice di merito.
Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso è seguita la condanna alle spese in favore delle altre parti in causa, ma soprattutto un bel respiro di sollievo per la De Filippi e la sua trasmissione arrivata, nelle more del giudizio, a ben 21 edizioni.
Avv. Luciana Porcelli