Come ben noto la tragica guerra tra Russia e Ucraina prosegue incessantemente e non dà segni di arresto. Con questo articolo vorremmo illustrarvi brevemente in che modo lo scontro sta producendo numerosi effetti (negativi), tra gli altri, anche sul piano della proprietà intellettuale.

Dal lato occidentale, tanto la WIPO (l’Organizzazione mondiale per la proprietà intellettuale) quanto l’EUIPO (l’Ufficio dell’Unione Europea per la Proprietà Intellettuale) hanno interrotto qualsivoglia tipo di cooperazione con il Rospatent (l’Ufficio russo brevetti e marchi) e con l’EAPO (l’Ufficio per la protezione delle invenzioni e del design industriale nei Paesi euroasiatici). La WIPO ha perfino chiuso la propria sede a Mosca, mentre l’Ufficio europeo ha disposto, come di consueto avviene in situazioni emergenziali, una serie di misure per la salvaguardia dei titoli di privativa di persone (fisiche e giuridiche) residenti o con sede legale in Ucraina. In particolare, l’Ufficio europeo ha concesso la proroga di due mesi per il deposito di atti e documenti nei procedimenti amministrativi pendenti innanzi all’Ufficio riguardanti soggetti giuridici ucraini. Inoltre, sul piano dell’estensione territoriale di validità dei titoli di privativa facenti capo a titolari ucraini, è stato garantito che tutti gli indirizzi riflettano i confini dell’Ucraina riconosciuti a livello internazionale. Non si tratta certamente di misure destinate ad avere una rilevanza pratica sul conflitto in sé, ma dimostrano se non altro una decisa presa di posizione e un’intransigenza degli Uffici per la protezione della proprietà intellettuale nei confronti della guerra, coerentemente con la posizione assunta dai principali Paesi occidentali.

Sul fronte russo, di contro, come reazione alle sanzioni irrogate in modo trasversale dal mondo occidentale, lo scorso 6 marzo è stato emanato il decreto n. 299/2022, con il quale il Primo Ministro Mikhail Mishustin ha conferito all’Esecutivo il potere di autorizzare il libero sfruttamento dei diritti di proprietà intellettuale, anche in assenza del consenso dei titolari dei diritti in questione. In altre parole, in ragione della situazione emergenziale in cui versa, la Russia ha previsto la possibilità di rilasciare licenze obbligatorie senza dover corrispondere alcun indennizzo ai titolari dei diritti intangibili appartenenti a uno dei c.d. “Paesi ostili” (o ritraenti profitto principale in uno di essi). Tra i citati Paesi figurano tutti e 27 gli Stati membri dell’Unione europea, nonché la Svizzera, gli Stati Uniti, il Canada, così come molti altri.

Le regole contenute nel decreto di recente emanazione parrebbero già legittimate dal disposto dell’articolo 1360 del codice civile russo, che autorizza il rilascio di licenze obbligatorie e il libero utilizzo di diritti di brevetto, di modelli d’utilità e di design industriali in determinate circostanze, quali, ad esempio, la difesa e la sicurezza nazionale, a condizione, però, che venga corrisposto al relativo titolare un equo compenso, in misura in ogni caso non inferiore allo 0,5% del reddito effettivo derivante dallo sfruttamento del suo diritto. Il testo legislativo del 6 marzo presenta come novità l’eliminazione dell’obbligo di corresponsione del compenso ai titolari appartenenti ai Paesi ostili, legittimando così il libero sfruttamento dei corrispondenti diritti IP.

Già prima dell’entrata in vigore del decreto del 6 marzo, la protezione delle opere dell’ingegno straniere in Russia ha subito una battuta d’arresto quando il Tribunale Arbitrale della regione di Kirov ha rigettato il ricorso presentato dalla società britannica Entertainment One Uk Ltd. in relazione all’uso illegittimo dei marchi Peppa Pig” (denominativo e figurativo) di sua titolarità e dei diritti d’autore dell’omonimo cartone animato, facendo riferimento, nella sua decisione, alle “azioni ostili degli Stati Uniti e di altri paesi stranieri”. A seguito di questa decisione, per la quale non è ancora spirato il termine per proporre appello, l’immagine del celebre maialino animato potrà essere liberamente utilizzata in Russia, che potrà rallegrarsi producendo una versione russofona del noto cartone animato inglese.

Inoltre, a fronte della decisione di numerose multinazionali occidentali di interrompere la propria attività sul territorio russo, sembrerebbe che il Governo stia autorizzando la rilevazione da parte di società locali delle sedi da queste abbandonate, gestendo le medesime attività sotto diverso nome. A tale stregua, la società russa Russian-Field-Logistics LLC ha presentato domanda di marchio per servizi di ristorazione, al fine di lanciare la propria catena di fast-food – “Uncle Vanya” – approfittando della chiusura degli oltre 800 ristoranti di Mc Donald’s. Senonché, tale segno risulta già prima facie interferente con quello di Mc Donald’s, essendo caratterizzato dalla raffigurazione di una “M” identica per forma e colori a quella oggetto del celebre marchio americano, con l’unica differenza rappresentata dal posizionamento della lettera, che nel segno successivo è ruotata in senso orizzontale sul lato destro.

Questo non è l’unico esempio di “trademark squatting” che ha interessato la Russia nelle ultime settimane. Numerose sono le domande di marchio pervenute all’Ufficio brevetti e marchi nazionale in violazione di diritti di marchio anteriori. Tra le più significative menzioniamo le domande di marchio figurativo n. 2022716582 (“Coca-Cola”), n. 2022717061 (“Adidas”), n. 2022715469 (“Starbucks”).

Da ultimo, sembrerebbe che negli ultimi giorni il Ministero dello Sviluppo economico abbia avanzato una proposta di legge contenente, tra l’altro, la previsione di legittimare la pirateria informatica, ossia l’esclusione di qualsiasi responsabilità civile e penale per chiunque utilizzi software pirata per acquisire licenze software dei principali player del settore informatico (Apple, Microsoft, ecc.), così come per accedere a nuovi contenuti audiovisivi intenzionalmente non distribuiti in Russia dalle case di produzione cinematografica estere.

Dott. Lorenzo Saredi